Uno scambio Getto via la saggezza, ripudio il sapere: I miei pensieri navigano nel grande vuoto (Chi K’ang, Canzone Taoista) Avevo visto per alcune settimane un ometto con le spalle curve e le guance ispide alla fermata dell’autobus; stringeva una scatola di cartone e mi fissava con occhi che credevo distratti, invece. Quei giorni erano lunghi ed estenuanti insomma felici. Anche se mi faceva vergogna abitare da zia Filomena e dipendere ancora dalla sua magra pensione, anche se ascoltare le sue bizzarre opinioni su questo e quello durante pranzi interminabili mi annoiava; anche se avevo le scarpe sempre umide – era un inverno piovoso, quasi tropicale – sentivo di muovermi verso un obiettivo preciso. L’importante non era davvero farsi assumere come elettricista a tempo indeterminato, l’importante era avere finalmente uno scopo qualsiasi. Questo riempiva di energia ed entusiasmo la mia vita di allora, che altri potrebbero giudicare scialba. Mai una birra con amici che del resto in quella città sconosciuta non avevo, mai un concerto o un cinemino. Ma i visi della gente per strada sembravano così animati, i miei datori di lavoro erano luminosi esempi e persino le lunghe file all’anagrafe per il cambio di residenza erano fonte di sorprese. Un giorno l’ometto con la scatola sparì dalla fermata, non si vide più per quasi una settimana. Una sera – era la prima bella giornata di marzo e un tramonto esagerato arrossava ogni cosa – tornai dal lavoro e me lo ritrovai in sala, che mi fissava con un sorriso vacuo. Lo salutai un po’ stupito e zia Filomena dalla cucina brontolò: Dicce agl amici tua che vegnano...